UN DIALOGO CON MARIANTONIETTA MINNITI
- Valentina Maugeri

- 22 ott
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 31 ott
Ci sono mestieri che resistono al tempo, custodi silenziosi di un sapere che si tramanda attraverso le mani come quello della sartoria artigianale.
In provincia di Reggio Calabria, la modellista e sarta Mariantonietta Minniti porta avanti con passione e dedizione l’arte di un mestiere che ha fatto la storia dell'Italia e di molte realtà locali del Sud.
Da sempre immersa in questo mondo, ha trasformato ago e filo in strumenti di espressione, costruendo con pazienza abiti che raccontano storie di identità.
Ho avuto modo di dialogare con lei per scoprire cosa significhi oggi fare moda artigianale restando fedeli all’essenza più pura del mestiere, quella in cui il “fatto a mano” non è nostalgia, ma una forma di rispetto per ciò che si crea ed indossa.
Il dialogo
V: Il suo percorso nel mondo della sartoria artigianale ha radici profonde: come è iniziata la sua storia?
M: Faccio questo lavoro da sempre. Sono nata dentro un laboratorio, quello di mia madre, da cui ho imparato il mestiere. Non ci ho dovuto pensare più di tanto: è stato naturale. Negli anni Ottanta ho iniziato il mio percorso e sono felice di aver vissuto quello che considero il periodo d’oro dell’abito su misura.
V: Quali sono le sue principali fonti di ispirazione: persone, luoghi, ricordi o magari anche la natura calabrese?
M: In realtà non mi sono mai ispirata alla Calabria, pur amandola molto. Non volevo cadere nella retorica dell’ispirazione legata alla propria terra. Mi definisco più una progettista che una creativa: il mio lavoro parte sempre dalla costruzione, dal taglio e dalla ricerca della forma.
V: Ogni artigiano ha un tratto distintivo che lo rende riconoscibile: quali sono, secondo lei, le caratteristiche che definiscono il suo stile e il suo design?
M: Realizzo molte confezioni su misura, ma mi distacco dallo stile principesco classico. Cerco di restare in linea con la contemporaneità: propongo spesso pantaloni dal taglio maschile sartoriale, abbinati a gilet, perché credo che la femminilità possa esprimersi anche nella struttura e non solo nella leggerezza. Amo aggiungere dettagli unici: rose in tessuto realizzate a mano, maniche ricoperte di petali o persino l’uso della cravatta come elemento decorativo. Sono piccoli segni che raccontano la mia idea di eleganza, fatta di equilibrio e carattere.
V: Come secondo lei, possiamo sensibilizzare il pubblico, in particolar modo le nuove generazioni, verso la produzione di moda artigianale?
M: Io parlo spesso ai giovani di upcycling, che considero una filosofia di vita. Il ciclo di un capo non deve mai morire, ma rinascere. Ogni tessuto ha una storia e spesso anche un valore affettivo. Ridare vita a un abito è un modo per dare valore a chi lo indossa e a chi lo ha realizzato. Credo che la moda circolare sia la vera forza del futuro, quella che riporterà al centro la manodopera e il lavoro artigianale.
V: Il cammino di un’artigiana è fatto anche di ostacoli: quale sfida l’ha segnata di più e in che modo è riuscita a superarla?
M: Oggi la difficoltà maggiore è nei tessuti: non hanno più la qualità di una volta. Anche quando sono scelti dai clienti, capita che la mano e la resa non siano quelle desiderate. Ma un sarto bravo lavora comunque bene, anche se non è più semplice come un tempo.

V: Qual è l’emozione che prova ogni volta che vede indossata una sua creazione?M: La soddisfazione del cliente è la mia emozione più grande. Quando mi ringraziano e si commuovono, so che ho regalato un sogno. Un abito è identità, è qualcosa che appartiene davvero a chi lo indossa. Quando il cliente si riconosce in ciò che porto alla luce per lei, sento che il mio lavoro ha senso.
V: Se potesse collaborare con un designer o una maison, chi sceglierebbe e perché?
M: Mi sarebbe piaciuto lavorare per Valentino, soprattutto nei progetti che ha dedicato al balletto e al teatro. Tra gli stilisti contemporanei ammiro molto Alessandro Vigilante, per le sue linee essenziali e la sua capacità di unire rigore e sensualità.
V: Guardando al futuro della moda, quale posto immagina per la sartoria artigianale nelle nuove generazioni di creativi?
M: Credo moltissimo nei giovani: hanno strumenti e possibilità che noi non avevamo. Se sapranno usarli con coscienza e passione, torneremo ai tempi dei grandi stilisti. Io sono ottimista, il futuro della sartoria dipende da come sceglieremo di formare e valorizzare chi viene dopo.
V: Se dovesse dare più di un consiglio a chi sogna di intraprendere un percorso nel fashion design, quale sarebbe?
M: Non arrendersi mai. È un percorso lungo e difficile, ma serve informarsi, cercare, fare rete, confrontarsi e darsi tempo.
All’inizio non arriveranno molti guadagni, ma arriva un bagaglio di esperienza.
In un mondo usa e getta, ascoltare Mariantonietta Minniti è come fermarsi un istante e ricordare che la moda è, prima di tutto, un atto d’amore, perché le sue parole restituiscono dignità al tempo, alla cura ed al valore del dettaglio.
Cuce e ricuce legami con la memoria, trasformando il mestiere della sartoria in una forma di poesia che continua a vivere, nonostante tutto.
Potete trovarla su Instagram al profilo
Mariantonietta Minniti – Modellista e sarta artigiana, vive e lavora a Reggio Calabria.
Intervista a cura di Valentina Maugeri per “Dialoghi di Stile”.
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